mercoledì 19 maggio 2010

Commercio equo - solidale e la globalizzazione

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
Con commercio equo e solidale si intende quella forma di attività commerciale, nella quale l'obiettivo primario non è soltanto il profitto, ma anche la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche, politiche o sociali.
È dunque una forma di commercio internazionale nella quale si cerca far crescere aziende economicamente sane e di garantire ai produttori ed ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento economico e sociale equo e rispettoso; in questo senso si contrappone alle pratiche di commercio basate sullo sfruttamento che spesso sono applicate dalle aziende multinazionali che agiscono esclusivamente nell'ottica del profitto.
Le motivazioni
Alla base del Commercio Equo e Solidale (praticato soprattutto da associazioni e cooperative, con un'elevata presenza di volontariato nei paesi ricchi) c'è dunque la volontà di contrastare il commercio tradizionale che si basa su pratiche dannose quali:
• i prezzi vengono stabiliti da soggetti forti (multinazionali, catene commerciali) indipendentemente dai costi di produzione che sono a carico di soggetti deboli (contadini, artigiani, emarginati);
• l'incertezza di sbocchi commerciali dei prodotti impedisce a contadini e artigiani di programmare seriamente il proprio futuro;
• il ritardo dei pagamenti, ovvero il fatto che gli acquirenti paghino la merce molti mesi dopo la consegna.
• i produttori non conoscono i mercati nei quali vengono venduti i loro prodotti e dunque non riescono ad adeguarsi e tanto meno a prevedere mutamenti nei consumi;
• al fine di ridurre i costi, vengono impiegate tecniche di produzione che nel medio-lungo periodo si rivelano particolarmente negative per il produttore.
• al fine di aumentare la produttività, si fa ricorso al lavoro di fasce della popolazione che nei paesi ricchi vengono particolarmente tutelate (bambini, donne incinte, ...) e si rinuncia alla formazione dei giovani;
Le regole
I principali vincoli da osservare per entrare nel circuito del commercio equo e solidale sono i seguenti:
• divieto del lavoro minorile
• impiego di materie prime rinnovabili
• spese per la formazione/scuola
• cooperazione tra produttori
• sostegno alla propria comunità
• creazione di un mercato interno dei beni prodotti
Gli acquirenti (importatori ) dei paesi ricchi, si assumono i seguenti impegni:
• Prezzi minimi garantiti (determinati in accordo con gli stessi produttori)
• quantitativi minimi garantiti
• contratti di lunga durata
• consulenza rispetto ai prodotti e le tecniche di produzione
I prodotti
Tipici prodotti del commercio equo sono il caffè, il tè, lo zucchero di canna, il cacao e prodotti dell'artigianato. La produzione biologica sempre più presente tra i prodotti alimentari è dovuta da un lato alle scelte dei consumatori del Nord per un cibo più sano, ma anche per evitare ai contadini e operai di esporsi a prodotti nocivi per l'uomo e per motivi di salvaguardia dell'ambiente. A volte sono gli stessi contadini a decidere per l'agricoltura biologica quale tecnica tradizionale di coltivazione.
Dimensioni del fenomeno in Italia
Il dato italiano sulla spesa pro-capite è il più basso d'Europa: 35 centesimi di euro a testa. Le botteghe solidali sono circa 600 in tutta Italia e sono concentrate prevalentemente nel nord-ovest e nel nord-est. Sono specializzate in prodotti artigianali di fascia medio-alta provenienti da più di 50 paesi del sud del mondo. Le persone coinvolte nelle botteghe tra dipendenti, volontari, soci e cooperative, sono 60 mila. I prodotti del commercio equo, specialmente quelli alimentari, si trovano in molte catene della grande distribuzione come Coop Italia, Auchan, Lidl. I punti vendita che trattano prodotti equosolidali in Italia sono più di 5.000.
GLOBALIZZAZIONE
Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto principale è una decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo.Il termine globalizzazione, di uso recente, è stato utilizzato dagli economisti, a partire dal 1981, per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende. Il fenomeno invece va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.
Sebbene molti preferiscano considerare semplicisticamente questo fenomeno solo a partire dalla fine del XX secolo, osservatori attenti alla storia parlano di globalizzazione anche nei secoli passati. Ma erano tempi diversi in cui la globalizzazione si identificava essenzialmente          nell' internazionalizzazione delle attività di produzione e degli scambi commerciali.
Economia
In campo economico la globalizzazione denota la forte integrazione degli scambi commerciali internazionali e la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri. Con la stessa parola si intende anche l'affermazione delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale: in questo settore si fa riferimento sia alla produzione spesso incentrata nei paesi del sud del mondo; sia alla vendita, che vede i prodotti di alcuni marchi molto sponsorizzati in commercio in quasi tutti i paesi del mondo.

Critiche e controversie
I dibattiti riguardo il suo effetto sui paesi in via di sviluppo sono molto accesi: secondo i fautori della globalizzazione, questa rappresenterebbe la soluzione alla povertà del terzo mondo.Secondo gli attivisti del movimento no-global essa causerebbe invece un impoverimento maggiore dei paesi poveri, attribuendo sempre più potere alle multinazionali, favorendo lo spostamento della produzione dai paesi più industrializzati a quelli in via di sviluppo dove i salari sono più bassi. Il tutto senza dare reali benefici alla popolazione del posto,anzi distruggendone buona parte dell'economia locale. I new-global affermano che uno stato nazionale, limitato entro i propri confini, non può più dettare regole alle varie imprese, capaci di aggirare con la loro influenza ogni barriera politica e condizionare le decisioni dei governi. Gli attivisti del movimento precisano però che non sono contro la globalizzazione ma per un diverso modello di essa, più solidale,che tenga più conto delle diversità culturali e non cerchi di omologare tutto il pianeta sul modello occidentale. È molto criticato il fatto che sia stata attuata in modo selvaggio senza assumere dentro i criteri del commercio internazionale un limite allo sfruttamento delle risorse umane e ambientali, il cosiddetto sviluppo sostenibile. Alcuni studiosi sostengono però che la globalizzazione non abbia reso nel complesso i paesi più poveri, ma che nemmeno abbia avuto dei miglioramenti nelle politiche interne dei paesi.Un'economista indiana dice che la globalizzazione ha prodotto in India suicidi di massa tra i contadini, strozzati dai debiti per l’aumento dei costi di produzione e la caduta dei prezzi. Gli effetti indiretti della globalizzazione sono le ripercussioni sull'ambiente e sull'inquinamento dell'aria, causate dall'industrializzazione e dall'aumento dei trasporti.
Pro e Contro della globalizzazione
La globalizzazione può favorire lo sviluppo economico di alcuni stati, in particolare quelli industrializzati e sviluppati, attraverso guadagni e profitti provenienti da un modo di agire: il decentramento. Esso consiste nel spostare le industrie in paesi sottosviluppati, dove la manodopera ha un costo inferiore. Così facendo si offre un lavoro nei paesi più poveri; questo è vero, ma le multinazionali decentrano le loro industrie in paesi in via di sviluppo che non possono così svilupparsi. In ogni caso la globalizzazione "ferisce" le tradizioni popolari, diffondendo alcune feste che appartengono a quelle di un popolo. Ad esempio Halloween è una festa di origine celtica che si è diffusa nei popoli anglo-sassoni; con la globalizzazione si è diffusa nei popoli dei paesi sviluppati. Ciò non accade solo per le feste, ma anche per il modo di vestire e in molti altri ambiti.

giovedì 22 aprile 2010

mercoledì 21 aprile 2010

KIRSCHTORTE(dolce della forasta nera)

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

 • 4 uova
 • 175 g di zucchero semolato
 • 100 g di farina tipo 00
 • 25 g di cacao amaro in polvere                                        
 • 450 g di ciliegie fresche
 • 5 dl di panna fresca
 • 50 g di zucchero a velo
 • 1 bicchierino di kirsch
 • 50 g di cioccolato fondente in scaglie
 • 10 ciliegie sciroppate
 • burro per lo stampo
 • farina per lo stampo



PROCEDIMENTO

Riscaldate il forno a 180° C. Imburrate 2 teglie tonde a cerniera da 20 cm di diametro. Setacciate la farina ed il cacao più volte su carta oleata.
Mettete gli albumi in una piccola terrina, ben asciutta e pulita e con il frullino elettrico montateli a neve ben ferma, aggiungendo gradulamente lo zucchero, sempre sbattendo, fino a farlo incorporare perfettamente.
Ora versate i tuorli e sbattete per altri 20 secondi, quindi, trasferite in una ciotola di dimensioni maggiori. Incorporate velocemente la farina ed il cacao in 2-3 tempi. Versate il composto nelle teglie e cuocete per 15 minuti o fin quando le torte saranno elastiche al tatto.
Lasciatele nelle teglie per 5 minuti prima di rivoltarle su di una gratella per farle raffreddare. Tagliate a metà in senso orizzontale ogni torta. Spennellate la superificie di uno strato della torta con del Kirsch, poi spalmatevi la panna montata e quindi 1/3 delle ciliegie, chiudete con l'altro cerchio di torta.
Ripetete l'operazione. Con un coltello piatto coprite la torta completamente di panna montata, lasciandone una piccola quantità per la decorazione. Con un pelapatate ritagliate dei riccioli dal bordo del cioccolato, dopodiché inseriteli delicatamente tutto intorno ai lati della torta. Decorare la superficie con la panna montata rimasta dando forma di ciuffi e con le ciliegie al maraschino. Aggiungete, infine, altre scaglie di cioccolato al centro della panna e spolverizzate con lo zucchero a velo.

giovedì 15 aprile 2010

cagnolini

Il cane è un animale sociale che vive in un branco gerarchicamente organizzato: quindi, per ottenerne ubbidienza e per poterlo educare è necessario stabilire chiaramente chi comanda (il "capobranco") e farsi riconoscere come suo superiore nel branco.

Stabilito questo, il cane è, fra gli animali domestici, forse il più facile ed il più proficuo nell'addestramento ed è capace di imparare ad eseguire un gran numero di comandi.  Stanley Coren lo , che raccoglie da anni dati sui comportamenti dei cani, , afferma che la loro intelligenza è profondamente più sviluppata di quanto le persone pensino. Essi infatti, come avviene per i cuccioli d'uomo, hanno basilari capacità aritmetiche (quelli particolarmente intelligenti sono capaci di contare fino a cinque) e sono in grado di apprendere oltre 165 parole. . Egli distingue inoltre vari tipi di intelligenza:

* Intelligenza istintiva: ciò che un cane è addestrato a fare fin dalla nascita
* Intelligenza adattativa: ciò che un cane impara a fare da solo, attraverso l'esperienza
* Intelligenza funzionale (ubbidienza): ciò che l'animale può imparare attraverso l'insegnamento di comandi e ordini
* Intelligenza spaziale: si riferisce alle capacità di un cane di ritrovare ad esempio la via di casa


I metodi tradizionali di addestramento del cane si fondano principalmente sulla correzione dei comportamenti errati, fino all'ottenimento del comportamento desiderato. Questo avviene necessariamente con l'applicazione di forme di punizione di vario genere e intensità, dalla semplice sgridata ad alta voce, allo strattone applicato tramite il guinzaglio. Il progredire delle conoscenze etologiche, e la crescente sensibilità animalista, hanno fatto si che negli ultimi anni si sia diffuso, a partire dal mondo anglosassone, un nuovo tipo di educazione e addestramento, il metodo gentile, basato sul premio, o meglio sul rinforzo positivo del comportamento desiderato. Questo metodo sfrutta il principio naturale per il quale il cane, come tutti gli animali, tende a ripetere i comportamenti che gli portano un vantaggio, tralasciando i comportamenti che non ne portano.